Dragon's Land

Curarsi usando gli animali...

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santrow2
view post Posted on 4/2/2011, 13:30     +1   -1




Curarsi usando gli animali...

“Misture di miele e zucchero, veleno d’api, saliva di sanguisughe. Sono vecchi rimedi oggi gettonati dalla moderna medicina.

Ma sono davvero efficaci?


Ecco che cosa emerge dai laboratori di ricerca.

C’è una branca della medicina che non è fatta di interventi a "cuore aperto", di farmaci biotecnologici o di test eseguiti con macchinari ultra moderni, ma di vecchie cure, che hanno come protagonisti piccoli animali: minuti pesci capaci di pulire come spazzini la pelle da cellule morte e batteri, per esempio.
Ma anche sanguisughe, larve di mosche, api.
La bioterapia, ovvero l'uso di animali viventi e dei loro prodotti per curare le malattie dell'uomo, viene sempre più in aiuto della medicina moderna.
Un esempio?

Il miele e lo zucchero, utilizzati ancora oggi in ospedali e istituti geriatrici del nostro Paese per guarire ferite infette, ustioni, piaghe da decubito ed evitare la formazione di cicatrici deturpanti.
La ricetta è antichissima: la mistura, composta per 1/3 da miele e per 2/3 da grasso animale.
Il suo potente effetto sterilizzante è stato confermato da alcuni esperimenti eseguiti a Boston: è stato preparato un amalgama di miele e burro che è stato aggiunto a una coltura di batteri tra i più pericolosi, composta da Escherichia coli, fonte di infezioni intestinali, e stafilococchi, causa di infezioni cutanee e delle vie respiratorie. I risultati sono stati sorprendenti: nell'arco di un paio di giorni i germi si sono azzerati.
La mistura di miele e zucchero funziona anche sulla pelle. A sostenerlo sono due medici del Mississippi, che hanno testato le sue proprietà su più di 700 pazienti; ebbene, il miele e lo zucchero guariscono le ferite nel 98% dei casi, più efficaci degli antibiotici che curano il 90% delle lesioni, e molto più economici.
Inoltre durano a lungo e il loro uso non causa complicanze. Proteggono infatti le ferite dalle infezioni nello stesso modo con cui conservano le marmellate e le gelatine: creano intorno ai batteri un'elevata pressione osmotica, che richiama acqua all'esterno delle loro cellule fino a disidratarle e a farle morire. Ma non solo. Il nettare delle api previene la crescita dei batteri grazie a una sostanza, l'inibina, che attiva un enzima, la glucosio-ossidasi, capace di trasformare il glucosio e l'ossigeno in un disinfettante (acqua ossigenata) e in un antibiotico (gluconolattone).
La capacità di ripulire le ferite dai batteri appartiene anche alle larve delle mosche, che da dieci anni a questa parte sono state reintrodotte con successo in più di 400 ospedali inglesi. Le sostanze che producono, arrestano la crescita dei germi e disinfettano meglio degli antibiotici, che possono essere risparmiati se questi animaletti ancora in larve sono prontamente applicati su una ferita infetta. Ma è sulle api che ci si sta concentrando maggiormente. Non c'è, infatti, solo il miele. Le api sono, per esempio, sempre più impiegate per alleviare i dolori alle articolazioni tanto che le persone che si lasciano trafiggere dai loro pungiglioni, nel nostro Paese, sono raddoppiate rispetto a 10 anni fa. Sono usate soprattutto in Usa, e annoverate in Russia tra le cure riconosciute dallo Stato. In Italia il loro impiego è invece più recente ed è ostacolato negli ospedali per motivi di copertura assicurativa contro gli shock anafilattici e le reazioni allergiche che le punture delle api possono dare. Un inconveniente, quest'ultimo, che si può evitare sottoponendosi prima di ricevere la prima puntura a un esame del sangue.

Ma perché l'apiterapia è sempre più gettonata?

Il veleno degli abitanti dell'alveare stimola le ghiandole surrenali a produrre un'elevata quantità di cortisone naturale, che si mantiene nel circolo sanguigno per oltre una settimana. Così dalle api si ottiene un potente antinfiammatorio, un buon antidolorifico e un ottimo miorilassante. Inoculare questo veleno, sostengono numerosi studi che risalgono a molti anni addietro, è un utile rimedio per trattare malattie reumatiche, sciatalgie, lombalgie, periartrite e dolori alla cervicale.
Una puntura d'ape contiene 1 parte su 10.000 di veleno, costituito da acqua, istamina, acido formico, acido cloridrico e apamina, una proteina che agisce sul sistema nervoso; il pungiglione può provocare una reazione locale, che si manifesta con dolore intenso e prurito nella parte trafitta, ma in genere si risolve da sola in poche ore o con impacchi di acqua fredda e decotti di camomilla. Gli stessi effetti si possono avere più tardi, dopo 6-24 ore dalla puntura. Lo shock anafilattico, la reazione allergica acuta al veleno delle api, è raro, e si contrasta con un' iniezione di adrenalina. Dopo aver punto un tessuto umano, l’ape muore; lo sforzo di allontanarsi dalla vittima fa si che esse si strappino il pungiglione, parte dell'addome e dell'intestino. Per questo ogni ape può pungere l'uomo una sola volta.

Carpe (pesci) contro la psoriasi

Piccole carpe lunghe appena 5-10 cm, sono gli insoliti guaritori della psoriasi. Appena la persona malata si immerge nelle sorgenti del Caucaso, dove vivono, arrivano numerose e puntano dritto al loro pasto; munite di varie bocche a ventosa diffuse sul ventre, e abituate a staccare dalle rocce il loro cibo o lo zooplancton, sanno già come fare per ripulire la pelle dalle indesiderate squame. Con meticolosa pazienza staccano e ingeriscono le cellule morte. Un sistema che porta via parecchio tempo per avere un risultato: almeno 21 giorni e due sedute al giorno di 4 ore l'una.
 
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